L'Abbazia di Santa Maria della Ferrara e Celestino V
|
|
|
A pochi chilometri dal centro di Vairano, poco distante dal fiume Volturno, adagiata sotto il colle Castellone, vi sono i ruderi dell’abbazia di S. Maria della Ferrara, un tempo florida badia cistercense.
Edificata a partire dall’anno 1171, per opera di Giovanni de Ferraris, monaco di Fossanova, su di un fondo donato dal conte Riccardo de Sangro, in località denominata valle della ferraria. I lavori di costruzione terminarono il 23 novembre 1179, divenendo in breve tempo una potente istituzione religiosa, con possedimenti non solo nel territorio di Vairano, ma ad Alife, Alvignano, Aversa, Benevento, Calvi, Capua, Isernia, Mignano, Monteroduni, Napoli, Presenzamo, Salerno, Telese, Roccamonfina, Teano e Troia nelle Puglie. Nella sua millenaria storia l’abbazia ha attraversato varie fasi; certamente, quella caratterizzata dalla gestione dell’abate Taddeo fu quella di maggiore splendore. Infatti, nelle prime tre decadi del XIII secolo l’abbazia poté contare sull’amicizia e sulla devozione all’ordine cistercense dell’imperatore Federico II, che soggiornò nel 1223 e nel 1229 nell’abbazia, incontrando l’amico abate Taddeo. Posizionata su di un ramo del cammino della via Francigena del Sud, (tratto Mignano Montelungo, Roccamonfina, Vairano P., Alife, Bari, Gerusalemme), nell’anno 1223 ospitò dei cavalieri dell’ordine teutonico provenienti da Oriente, che raccontarono di aver incontrato l’ebreo errante in Armenia. La testimonianza venne riportata nella Cronaca dell’abbazia, risultando, così, probabilmente, la più antica fonte della nota leggenda. Dopo la gestione dell’abate Taddeo iniziò una lungo processo di decadimento, sia morale che economico dell’abbazia. I monaci avevano una condotta di vita lontana dalla regola monastica, tanto che in più occasioni gli abati furono costretti a ricorrere alle autorità religiose e laiche per ricondurli all’ordine. A partire dal 1461 vennero nominati gli abati commendatari. Iniziò, così, l’ultima fase di decadimento. Soppressa nel 1807, l’abbazia venne utilizzata come una comune masseria, modificandone irreparabilmente l’originaria struttura. Rispetto all’aspetto attuale, l’ingresso dell’abbazia era rivolto a Sud, in direzione di Vairano. L’interno era costituito da una chiesa con più altari e campanile con tre campane, ormai completamente distrutti, un chiostro con al centro una grande cisterna, mentre al piano superiore vi erano le celle dei monaci. Sopravvive, in pessime condizioni strutturali, la cappella della Scala Santa, dove è possibile ammirare un affresco, della fine del XIII sec., che rappresenta i funerali di Malgerio Sorello, “valletto e falconiere” di Federico II, che si ritirò a vivere nell’abbazia fino alla morte. Nell’affresco sono raffigurati la Beata Vergine Maria con il Bambino, S. Benedetto, con il mano il libro della Regola, e S. Bernardo di Chiaravalle, anch’egli con un libro sul quale è possibile leggere «Memento, Domine, anime famuli tui, fratris Malgerii Sorelli, militis». Nell’affresco si può anche leggere un epitaffio ritmico, in caratteri gotici. Negli ultimi anni sono state date nuove interpretazioni sulle figure rappresentate nell’affresco, purtroppo prive di qualsiasi validità e rigore storico. Secondo lo storico avv. Domenico Caiazza nell'affresco è rappresentato anche Pietro del Morrone, passato alla storia come papa Celestino V, papa del gran rifiuto. LA CAPPELLA DI S. MARIA IN DENTRO La prima notizia della Cappella di S. Maria in dentro si trova in un permesso rilasciato dal Vicario Generale della Curia di Teano, in data 11 maggio 1647. In esso è scritto quanto segue: «Si concede di andare processionalmente nella Cappella di S. Maria in Dentro, sita nel Bosco Verdesca, e benedire la Immagine della Madonna del pianto nuovamente dipinta, in occasione di aver riattata la stessa Cappella e di averla chiusa con chiave; e dopo la benedizione pregare per la pioggia secondo l’antica devozione». Dal testo citato si può dedurre che la cappella restaurata e riaperta al culto nel 1647, doveva essere ancora più antica. Un’altra descrizione della cappella la offre Monsignor Gilberti, nella sua Visita pastorale del 1695: «In detta Cappella vi è un unico Altare al tutto denudato; e vi è una tavola dipinta con l’immagine di S. Maria della Pietà o del Pianto, di S. Giovanni e di S. Maria Maddalena. Siccome si riferisce che spessissimo l’Arciprete, i Canonici ed il Clero con gran parte del popolo di Vairano si recano in detta Cappella per la grande divozione verso la Beata Vergine da cui ricevono assidue grazie (cosa che fa anche, ma solo una volta all’anno, il Clero col popolo di Pietravairano) sebbene la predetta Cappella abbia bisogno di riparazione e minacci rovina, così l’Ill.mo e Rev.mo Vescovo Visitatore, affinché cresca la fede e la divozione, comanda che essa sia restaurata durante l’anno dai Sindaci dell’Università, che sono Nicola e Marcello d’Arezzo sotto pena di demolizione. Comanda pure di coprire con tettoia i due locali vicini affinché vi possa abitare l’Eremita, che avrà cura di mantenere con la dovuta decenza detta Cappella. A tale scopo dà facoltà all’Arciprete di deputare un questuante; comanda pure che mai vi si celebri il santo sacrificio della Messa senza licenza scritta sotto pena pecuniaria di grana cinquanta». Il Tabellario rende noto che la cappella, al suo tempo, era ormai diruta e che la tavoletta con l’immagine della Madonna fu “casualmente” bruciata. Le processioni furono interrotte più o meno alla metà del secolo XIX. |
Vivi Vairano:
|
Foto di Guglielmo D'Arezzo - Ricostruzione schematica a cura dell'architetto Gianluca Vitagliano
BIBLIOGRAFIA E APPROFONDIMENTI:
Di Muccio G., Storia di Vairano Patenora, Pitigliano, 1990; Gaudenzi A., Ignoti monachi Sanctae Mariae de Ferraria Chronica, Napoli, 1888; Geremia de’Geremei L., Un ritmo inedito del secolo XIII nella R. Badia della Ferrara, Napoli, 1889; Panarello A., Storia di Vairano e Marzanello nel contesto della Terra di Lavoro e del Mezzogiorno d’Italia, Vairano Patenora, 1996; Panarello A., De Angelis M., Angelone G., Guida storico-artistica di Vairano e Marzanello, Vairano P., 2000; Scandone F., S. Maria di Ferraria Badia Cistercense presso Vairano (Caserta), Napoli, 1908.
"L’Abbazia della Ferrara a Vairano Patenora. Alcune considerazioni preliminari sull’evoluzione della chiesa" di G. Vitagliano, scritto inserito in
NELLA TERRA DI FINI, scritti in memoria di Antonio Ragucci, A. Panarello, G. Angelone, Caramanica Editore.
BIBLIOGRAFIA E APPROFONDIMENTI:
Di Muccio G., Storia di Vairano Patenora, Pitigliano, 1990; Gaudenzi A., Ignoti monachi Sanctae Mariae de Ferraria Chronica, Napoli, 1888; Geremia de’Geremei L., Un ritmo inedito del secolo XIII nella R. Badia della Ferrara, Napoli, 1889; Panarello A., Storia di Vairano e Marzanello nel contesto della Terra di Lavoro e del Mezzogiorno d’Italia, Vairano Patenora, 1996; Panarello A., De Angelis M., Angelone G., Guida storico-artistica di Vairano e Marzanello, Vairano P., 2000; Scandone F., S. Maria di Ferraria Badia Cistercense presso Vairano (Caserta), Napoli, 1908.
"L’Abbazia della Ferrara a Vairano Patenora. Alcune considerazioni preliminari sull’evoluzione della chiesa" di G. Vitagliano, scritto inserito in
NELLA TERRA DI FINI, scritti in memoria di Antonio Ragucci, A. Panarello, G. Angelone, Caramanica Editore.
Questo sito non raccoglie nessun dato degli utenti, se non quelli strettamente necessari alla sua visualizzazione.
Privacy coockie policy
This site does not collect any personal data of users, but only the technical data necessary for its display.
Privacy coockie policy
Privacy coockie policy
This site does not collect any personal data of users, but only the technical data necessary for its display.
Privacy coockie policy